Cosa c’è negli alimenti che consumiamo? Sofisticazioni e adulterazioni, fast food e take away, intolleranze e allergie, anoressia e obesità. Il modello di Dieta Mediterranea è stato messo a dura prova dalle trasformazioni, industriali e sociali, avvenute negli ultimi cinquant’anni in Italia, che hanno determinato radicali cambiamenti nelle abitudini al consumo alimentare.

sabato 13 gennaio 2018

Wurstel. Non chiamateli salsicce

 
 
Il Wurstel, insaccato rappresentativo della cucina tedesca, è oggi un alimento molto diffuso in tutto il mondo, consumato come Hot Dog in fiere, partite, grigliate con gli amici. E’ un alimento che nasce in Germania e Austria e ne esistono diverse tipologie: al pollo, tacchino, formaggio e altri condimenti. Molto diffuso anche sulle tavole italiane, apprezzato in particolare dai bambini per la sua sapidità. Il Wurstel ha un’origine antica e deriva da quello che in Germania veniva definito “Bratwurst”. Il Bratwurst fa la sua comparsa intorno al 1400 e come si evince dal suo stesso nome (brat “carne senza spreco” e wurst “miscuglio”), nasceva dall’esigenza di ridurre gli sprechi della lavorazione della carne e di ottenere un alimento molto calorico, che aiutasse a resistere alle rigide temperature invernali. Se preparati secondo tradizione, i wurstel sono insaccati ottenuti dalla macinatura di carne di qualità bovina e/o suina. Ma i wurstel che troviamo oggi tra gli scaffali dei supermercati, sono paragonabili a quelli della tradizione tedesca? La risposta purtroppo è negativa, in quanto i wurstel che siamo abituati a consumare condividono con questi ben poco, se non solo il nome. Come indicato anche in etichetta, il Wurstel è ottenuto da carni separate meccanicamente (CSM). 
 
 
La CSM è ottenuta tramite macchine separatrici costituite da presse continue o discontinue che utilizzando mezzi fisici ad alta o bassa pressione, che permettono di ricavare dalle carcasse degli animali dalle quali sono già stati prelevati i tagli di carne migliori, i residui di carne ancora legati alle ossa, in particolare si tratta di organi interni, pelle, cotenna, orecchie, coda, grasso, tendini e sottoposti alla vaporizzazione con acqua. Questi ritagli una volta macinati, ossia spremitura e miscuglio di carne bovine e suine, vengono mescolati con aroma, sale e amido prima dell’aggiunta dello sciroppo di mais che è utile per conferire un retrogusto dolce al prodotto finito. 
 
Queste metodiche di produzione portano ad un prodotto che ha subito la perdita o la modifica della struttura muscolo-fibrosa e che può contenere anche tracce di midollo, ossa e tessuto connettivo: questo fa sì che il wurstel, rispetto ad altri prodotti a base di carne, contenga una maggiore quantità di calcio. In commercio esistono diversi tipi di wurstel, preparati con carne proveniente da animali diversi: esistono infatti wurstel di suino, di manzo, di pollo e tacchino. Mentre i wurstel ottenuti dalla macellazione di grossi animali non contengono di solito CSM, la CSM rappresenta invece la componente principale di quelli ottenuti dalle specie avicole. Da un punto di vista nutrizionale, i wurstel rappresentano un alimento sbilanciato. Infatti, 100g di wurstel di suino sono costituiti dal 0,4% carboidrati, dal 19,3% proteine, dall’80,3% grassi e apportano circa 269 Kcal, mentre quelli di pollo da 4,8% carboidrati, 29,7% proteine, 65,5% grassi e apportano circa 223 Kcal. Risulta dunque evidente l’elevata percentuale di grassi e di colesterolo, che favoriscono oltre all’insorgenza di patologie metaboliche e obesità, anche la formazione di placche ateromatose con conseguente aumento del rischio cardio-vascolare (eventi ischemici o trombo-embolici). Sono inoltre alimenti ricchi di sodio, minerale che favorisce l’innalzamento della pressione arteriosa e di fosforo, elemento che può causare una riduzione dell’assorbimento di calcio e di ferro. Se il 90% dei wurstel è costituito da CSM, il restante 10% è rappresentato da additivi come conservanti, addensanti e polifosfati. Gli addensanti possono spesso mascherare la qualità delle materie prime e i polifenoli, utilizzati per aumentare la morbidezza del prodotto, spesso interferiscono con l’assorbimento di una serie di micronutrienti alimentari come il calcio.
A proposito di questo nutriente, il calcio, la legge prevede che ci debba essere un certo quantitativo di esso, considerando che con la fase della spremitura in parte di carne e soprattutto delle ossa, la maggior parte del calcio, va a finire nel prodotto finito. 
 
 
Dal punto di vista dei requisiti igienici, la lavorazione ad alte pressioni dei wurstel, come per gli hamburger, prevedono degli standard microbiologici molto più rigidi: in Germania, dove il consumo, di questo prodotto alimentare è molto più diffuso, si sono registrati dei casi di contaminazione da Listeria monocytogenes, un batterio ubiquitario, resistente alle basse temperature, per questo motivo è opportuno cuocere il prodotto prima del suo consumo.
Non solo, si potrebbe verificare anche un eventuale contaminazione da prodotti chimici. Nella carne potrebbe essere presente un antibiotico, sfruttato negli allevamenti intensivi, quale la ossitetraciclina, che nell’uomo agisce sulle cellule, intaccando il sistema immunitario, portando all’attivazione di sostanze che inducono ad una risposta infiammatoria.

Inoltre secondo la normativa vigente, in particolare quanto previsto dalla circolare 10 novembre 2003, n. 168, il wurstel, dovrebbe contenere una quantità di carne pari al 60%, 30% in acqua e solo 8% aromi. La frode al consumatore, nasce dalla probabilità di dare vita ad un prodotto che contenga una più bassa percentuale di carne, ma con una maggiore quantità dell’uso di aromi, per questo motivo è fondamentale leggere l’etichetta riportata sulla confezione. Molto spesso accade che venga omessa la dicitura CSM e in questo caso è possibile che vengano utilizzate quantità più discrete di carne, ma l’unico controllo, lo si può effettuare in azienda, mediante lo studio dei documenti in cui vengono registrate le carni acquistate settimanalmente e verificare l’effettiva corrispondenza tra le entrate e le uscite.
Sta aumentando ultimamente l’attenzione delle aziende all’utilizzo di carne non separata meccanicamente per la produzione dei loro prodotti ed è possibile trovare in commercio wurstel che non ne contengano. 
 
In conclusione, non è sicuramente consigliabile l’inserimento dei wurstel nella propria dieta e se ne consiglia molto limitato. L’accortezza è comunque quella di indirizzarsi verso l’acquisto di wurstel di manzo o suino e il consumatore dovrebbe leggere attentamente gli ingredienti riportati in etichetta e assicurarsi dell’assenza di CSM.

Emilia Guglielmi
Master in “Sicurezza, certificazione e comunicazione alimentare” 8^ ed

Paola Laghetti
Master in “Alimentazione e nutrizione umana” 19^ ed

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