Cosa c’è negli alimenti che consumiamo? Sofisticazioni e adulterazioni, fast food e take away, intolleranze e allergie, anoressia e obesità. Il modello di Dieta Mediterranea è stato messo a dura prova dalle trasformazioni, industriali e sociali, avvenute negli ultimi cinquant’anni in Italia, che hanno determinato radicali cambiamenti nelle abitudini al consumo alimentare.

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venerdì 26 gennaio 2018

Succhi di frutta. Alternativa alla frutta?




Chi non ha mai bevuto un succo di frutta da bambino? Poiché viene considerata una valida alternativa alla frutta, viene consumato sia da adulti che bambini. Ma è davvero così?

I succhi di frutta confezionati sono sicuramente appetibili e pratici ma non possono essere considerati dal punto di vista nutrizionale validi al pari di un frutto. I succhi confezionati vengono sottoposti ad un processo di pastorizzazione che fa si che si perdano numerose proprietà, come le vitamine termolabili e induce l’alterazione dei Sali minerali. Inoltre, con l’estrazione del succo dalla frutta, si perde una componente fondamentale ovvero la fibra, la quale è necessaria per il buon funzionamento dell’intestino, ha una attività ripulente e consente di digerire ed assorbire più lentamente gli zuccheri semplici della frutta.

In commercio, ci sono diverse tipologie di bevande contenenti frutta: ad esempio, ci sono succhi 100% frutta, prodotti dalla spremitura del frutto senza l’aggiunta di edulcoranti, conservanti in quanto gli acidi che contengono naturalmente fungono da conservanti; tra i succhi 100% frutta ci sono succhi di mela, arancia, pompelmo e ananas, ma bisogna prestare comunque molta attenzione all’etichetta. Ma non tutta la frutta può essere sottoposta a questo trattamento, frutta come pesca, pera ed albicocca viene trasformata in nettare: la polpa del frutto viene mescolata con acqua, zuccheri addensanti ed acidificanti.
Dal punto di vista nutrizionale, i succhi di frutta non possono considerarsi delle bevande salutari: l’elevato contenuto di zuccheri, che non sono solo quelli normalmente presenti nella frutta, contribuisce all’aumento repentino della glicemia, per questo zuccheri come fruttosio e glucosio verranno in parte immagazzinati sotto forma di glicogeno e in parte verranno accumulati nel tessuto adiposo, condizione che nel tempo porterà ad un aumento del peso corporeo.
Inoltre, non devono assolutamente essere consumati da bambini al di sotto di un anno e devono essere consumati parsimoniosamente dai bimbi più grandi: gli zuccheri e gli acidi che si trovano all’interno dei succhi, col tempo portano carie ed erosione dentale e danni alle gengive.
E se proprio non potete rinunciare al succo di frutta, utilizzate estrattori per succhi di frutta: tramite questa macchina è possibile mantenere tutte le proprietà della frutta, compresi gli enzimi grazie al meccanismo di estrazione che avviene per schiacciamento e non per centrifugazione del frutto.
 
Oltre alle proprietà nutrizionali del succo di frutta confezionato, è bene valutare anche la sicurezza alimentare del prodotto.
Secondo il D.P.R. n. 719 del 19 maggio 1958 “sono considerate bibite analcooliche le bibite gassate e non gassate confezionate in bottiglie od altri recipienti a chiusura ermetica, preparate con acqua potabile odacqua minerale naturale contenenti una o più delle seguenti sostanze: succo di frutta; infusi, estratti di frutta o di parti di piante commestibili o amaricanti o aromatizzanti; essenze naturali; saccarosio; acido citrico, acido tartarico”, pertanto anche i soli succhi costituiti dal 100% di frutta devono sottostare a tale legge.
Inoltre, il D. Lgs. n. 20 del 19 febbraio 2014, in attuazione della Direttiva Comunitaria n. 12 del 2012, ci dà una definizione dettagliata di succo di frutta, ossia “prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto dalla parte commestibile di frutta sana e matura, fresca o conservata mediante refrigerazione o congelamento, appartenente ad una o più specie e avente il colore, l'aroma e il gusto caratteristici dei succhi di frutta da cui proviene. L'aroma, la polpa e le cellule ottenute mediante processi fisici adeguati dalle stesse specie di frutta possono essere restituiti al succo […]”.Tale decreto introduce alcune novità riguardo i succhi di frutta: il pomodoro entra a far parte dei possibili ingredienti utilizzabili nella produzione dei succhi di frutta.

Già da queste due leggi possiamo notare quanto sia complessa la legislazione intorno a questo alimento di ampissimo consumo, specialmente per i più piccoli. Ma quali sono i pericoli che si celano dietro a tale bevanda? Distinguendo tra pericoli microbiologici, chimici e fisici, possiamo tranquillamente affermare che la probabilità di incorrere in contaminazioni di carattere microbiologico sono molto scarse, dal momento che nelle fasi finali di produzione, subito prima del imbottigliamento o confezionamento, c’è una fase di trattamento termico (pastorizzazione ma più spesso sterilizzazione) che abbatte tale probabilità. Per ciò che concerne pericoli fisici o particellari, con le buone partiche di produzione messe in atto dagli stabilimenti di produzione, la probabilità di trovare qualcosa che non sia polpa di frutta nel nostro succo è divenuta davvero remota.
Non possiamo però escludere anche i pericoli di natura chimica, derivanti da tossine di origine biologica, come le aflatossine prodotte da alcuni funghi o la possibile tossicità derivante da eventuali additivi se pur autorizzati.
Dal momento che le materie prime utilizzate nella produzione dei succhi di frutta non sono tendenzialmente freschissime, spesso sono anche scarti, vi possono attecchire muffe di vario genere. Ma per eliminarle si esegue la sterilizzazione ad alte temperature. Tali trattamenti termici non riescono però ad eliminare le micotossine, che oltre certi valori possono diventare tossiche od addirittura cancerogene.
Patulina
Nelle mele, ad esempio, possiamo trovare la patulina, una micotossina solubile in acqua prodotta da una muffa appartenente alla famiglia delle Penicilline. È stato visto che questa sostanza tossica, in generale, è tanto più abbondante quanto maggiore è l’area colpita da queste muffe, ma la parte sana delle mele colpite da questa muffa può essere tranquillamente consumata una volta che la parte ammuffita è stata rimossa totalmente.
Succo di frutta?

Maria Teresa Lisanti 
Master in “Alimentazione e nutrizione umana” 19^ ed

Antonio Ventura 
Master in “Sicurezza, certificazione e comunicazione alimentare” 8^ ed

martedì 16 gennaio 2018

Frutta secca: benefici ed insidie

La frutta secca apporta innumerevoli proprietà benefiche al nostro organismo, specie se consumata regolarmente nella propria alimentazione, facendo però attenzione a non esagerare con le quantità, dato il suo elevato potere calorico.

Nonostante sia ricca di lipidi, proteine, vitamine e minerali, quindi perfetta per un uso quotidiano, siamo tuttavia abituati ad associare il consumo di frutta secca al periodo natalizio.

La frutta secca può essere oleosa (mandorle, nocciole, noci, pinoli, pistacchi, castagne, noce di cocco e arachidi) e non oleosa (albicocche, ananas, mele, uva, banane, datteri, prugne, fichi, mirtilli, mango). 

La frutta secca non oleosa è costituita da alimenti conservati per mezzo della privazione di acqua libera senza, tuttavia, alcuna aggiunta di zuccheri, sale o alcol. Per tale ragione può contenere additivi alimentari conservanti come l'anidride solforosa, solfiti, acido benzoico, acido ascorbico e suoi sali. Bisogna pertanto fare attenzione, attraverso la lettura delle etichette, affinché non siano presenti sostanze come i solfati. La frutta secca oleosa comprende frutti veri e propri e i semi di alcune piante o legumi, ed è povera di zuccheri, ricca di grassi, proteine, vitamine e sali minerali. Consigliata nelle diete degli sportivi e dei vegetariani perché molto energetica, contribuisce al miglioramento dell'umore, degli stati di ansia e di insonnia. Può essere consumata in gravidanza: in particolare arachidi e nocciole sono le varianti più ricche di acido folico, ma anche noci e mandorle. Bisognerebbe invece evitare la frutta secca oleosa, in quanto potrebbe essere causa di diabete gestazionale poichè ricca di glucosio. 
Per chi soffre di diabete, obesità o ipercolesterolemia, sono consigliate le mandorle, le nocciole e i pistacchi che grazie all'apporto di fibre e di acidi grassi mono e poli insaturi sono in grado di ridurre i livelli del colesterolo cattivo (LDL) e di aumentare contemporaneamente quelli di colesterolo buono, evitando quindi i picchi glicemici.

Le noci, le mandorle, i pinoli e i pistacchi sono dotati di proprietà antiossidanti e grazie alla presenza di acido ellagico, sono in grado di apportare benefici al sistema immunitario oltre che a contrastare i radicali liberi. 
Le mandorle sono particolarmente indicate per la buona salute delle ossa poiché contengono calcio, magnesio e fosforo.

Il rischio di malattie cardiache e circolatorie si riduce grazie all'assunzione di mandorle, nocciole e pinoli, molto ricchi di sali minerali (ferro, calcio, rame, magnesio, vitamina E).

Sono noti i benefici della frutta secca anche sull'intestino, grazie all'assunzione delle mandorle ad esempio, ma anche delle noci, aventi azione stringente e disinfettante sui parassiti intestinali. Il contenuto in fibre delle nocciole facilita il transito intestinale e l'eliminazione delle tossine, mantenendo in salute l'apparato digerente. Infine i pinoli contribuiscono al miglioramento della regolarità intestinale.

Per concludere, la frutta secca apporta energia e migliora l'umore. Alcuni studi dimostrano che le mandorle aumentano anche la concentrazione, mentre le noci contribuiscono alla regolazione del sonno grazie alla presenza di melatonina. I pinoli sono consigliati per chi soffre di debolezza e stanchezza cronica. Gli anacardi sono considerati degli antidepressivi naturali perché contengono il triptofano, un precursore della serotonina che agisce sull'umore.

Le proprietà benefiche delle arachidi e dei pistacchi sono ridotte a causa dell'eccessiva aggiunta di sale nelle varianti commercializzate. Sono quindi sconsigliati per chi soffre di ipertensione, poiché aumentano il rischio cardiovascolare. 
Nocciole, mandorle e più in generale frutta a guscio e secca (fichi, albicocche, prugne) unita a miele, zucchero e spezie sono da sempre alla base della tradizione culinaria italiana, basti pensare al torrone o croccante, ai confetti, al marzapane e al latte di mandorla, protagonisti indiscussi delle feste natalizie. I mix di frutta secca e oleaginosa possono essere utilizzati anche come snack funzionali e tascabili, così come promossi dalle più importanti aziende produttrici di questi alimenti su scala mondiale. Questi alimenti in formato pocket risultano avere costi molto più elevati, giustificati dalle innumerevoli proprietà nutrizionali, dalla praticità e dall’esigenza immediata del consumatore favorendone comunque l’acquisto. Non sarebbe meglio comprare, quindi, confezioni più grandi e prepararsi i mix a proprio gusto? 
È possibile consumare la frutta secca anche sotto forma di bevanda, da consumare lontano dai pasti, soprattutto come alternativa per chi è intollerante al lattosio. Facile da preparare in casa, consentendo allo stesso tempo un risparmio economico. La frutta secca va tenuta in ammollo con acqua a temperatura ambiente per una notte intera e successivamente scolata. All'acqua da ammollo si aggiunge altra acqua fino al raggiungimento di un litro. Con un frullatore si trita la frutta secca e si versa poco a poco il litro di acqua precedentemente ottenuto. Si utilizza un setaccio allo scopo di filtrare l'acqua per separarla dalla polpa della frutta secca. Il liquido ottenuto si versa in una bottiglia di vetro e si conserva in frigo per un massimo di 3 o 4 giorni.

In Italia, i maggiori produttori di frutta a guscio sono presenti nelle regioni meridionali, in particolare Lazio (soprattutto per le nocciole), Campania (noci, nocciole, mandorle), Sicilia (mandorle, nocciole e pistacchi) e Piemonte (nocciole del Piemonte IGP). Queste regioni si distinguono per la produzione di frutta di particolar pregio qualitativo. Analizzando i dati raccolti ed elaborati da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) si evince che nell’anno 2016 le nocciole in guscio detengono il primato delle produzioni (con 120,6t), seguite dalle mandorle in guscio (con 74,6t) e dalle noci in guscio (10,3t). 


La produzione di nocciole in Italia è concentrata, relativamente agli ettari investiti a nocciolo, nelle regioni della Campania (es. tonda avellinese) con una superficie investita a nocciolo di 20.318 ettari (dati ISTAT, 2015), a seguire Lazio (nocciola tonda gentile romana), Piemonte (nocciola del Piemonte IGP) e Sicilia (nocciola dei Nebrodi o nocciola siciliana). Tra le coltivazioni della tradizione italiana ricordiamo quella delle mandorle di Avola e dei pistacchi di Bronte in Sicilia nonché la coltivazione delle noci di Sorrento, diffusa soprattutto nella regione Campania. Con la liberalizzazione dei mercati e in alcuni casi con l’abbattimento delle frontiere (Europa, per i Paesi che hanno aderito e sottoscritto gli accordi bilaterali proposti dall’UE) l’Italia ha aperto le porte a nuove culture e tradizioni enogastronomiche favorendo lo scambio di alimenti prima difficilmente reperibili (noci brasiliane, noci Pecan, noci di Macadamia, bacche di Goji, datteri etc). I principali Paesi di importazione dell’Italia sono Spagna (21% di import per ortofrutta e frutta fresca e a guscio), a seguire Francia, Paesi Bassi, Turchia e USA (8%).

Se l’origine della frutta secca non aveva mai destato preoccupazioni, negli ultimi anni, tuttavia, sono emerse problematiche inerenti contaminanti chimici oltre i livelli di accettabilità. Il dossier Coldiretti pubblicato nel 2016 ha dato l’allarme pubblicando una classifica dei prodotti più pericolosi per la salute così come emersi nel rapporto dell’anno 2015 del Ministero della Salute sul sistema di allerta europeo (RASFF) che ha registrato gli allarmi per rischi alimentari verificati a causa di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, contaminanti biologici, diossine, additivi e coloranti. Le segnalazioni più allarmanti riguardano la presenza di aflatossine cancerogene nella frutta secca proveniente dalla Turchia e, a seguire, le arachidi della Cina, Egitto, India e Repubblica del Gambia, pistacchi iraniani e statunitensi. Il rapporto del RASFF per il 2016 riporta 513 segnalazioni per la frutta secca, di cui ben 353 per il contenuto di micotossine (336 aflatossine e 17 ocratossine). Dei 513 prodotti notificati nel rapporto, 153 provengono dalla Turchia, 64 dalla Cina, 46 dagli USA e 38 dall’Iran. 
Aflatossina
Ma cosa sono le aflatossine? Fanno parte della famiglia delle micotossine e sono sostanze tossiche prodotte da alcune muffe che si trovano in diversi tipi di alimenti fra cui tutta la frutta secca, ma anche mais, riso, semi di cacao, fichi secchi e oli vegetali grezzi. Le tossine non si distruggono con le alte temperature della cottura né da altri processi e sono riconosciute come potenzialmente cancerogene. Quindi, nonostante le infinte qualità di questi prodotti, bisogna fare molta attenzione a ciò che scegliamo e alla loro provenienza.

Luana Costantini
Master in “Alimentazione e nutrizione umana” 19^ ed

Beatrice Mammarella
Master in “Sicurezza, certificazione e comunicazione alimentare” 8^ ed

mercoledì 10 gennaio 2018

I prodotti ortofrutticoli pronti al consumo: accorgimenti

I prodotti orticoli di IV gamma sono tutti quei prodotti orticoli e frutticoli confezionati e pronti al consumo; ne sono esempi le insalate in busta o le macedonie di frutta pronte per essere immediatamente consumate.

A livello commerciale frutta, verdura e ortaggi sono proposti in diverse forme, in particolare in cinque gamme, distinte sulla base delle tecnologie e dei processi di lavorazione applicati al prodotto dal momento della raccolta fino alla messa in vendita. Si va dalla I gamma, costituita da ortofrutta fresca tradizionale alla V gamma rappresentata da frutta e verdura cotta e ricettata, confezionata e pronta al consumo, passando per altre tre che sono rispettivamente ortofrutta e verdure in conserva proposte in barattolo (II), frutta e verdure surgelate (III) e, infine, ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo (IV).

I prodotti orticoli di IV gamma, dovrebbero essere consumati più volte al giorno (3 o 5 alimenti a base di ortaggi giornalieri), proprio per le loro note proprietà nutrizionali. In particolare, si tratta di prodotti a basso contenuto energetico e in grassi, ma ricchi di acqua. Hanno meno zucchero rispetto alla frutta e maggiore concentrazione di amido. Sono inoltre fonte di vitamina C (cicoria e broccoli), carotenoidi (carota, patata dolce), licopene (pomodori), fibra insolubile (cellulose ed emicellulose), luteina e zeaxantina (spinaci e lattuga). Rispetto ai prodotti orticoli classici, tuttavia, invecchiano più velocemente a causa della particolare lavorazione che richiede il taglio del prodotto previo confezionamento.

Dal punto di vista della sicurezza alimentare, i prodotti di I e IV gamma sono sicuramente i più esposti allo sviluppo microbico dato che non sono di norma destinati a subire trattamenti di cottura di alcun tipo, bensì ad essere serviti e consumati tal quali.

Negli ultimi tempi i banconi dei supermercati propongono sempre più soluzioni di questo tipo, allo scopo di andare incontro ai ritmi frenetici dei lavoratori, di ridurre i tempi di preparazione dei pasti ed il volume degli scarti in cucina. Spesso, infatti, ci troviamo a scegliere tipologie di alimenti già pronti all’uso o comunque facili da preparare, trascurando invece gli alimenti che richiedono tempi di preparazione maggiori, come la frutta e la verdura.

Le industrie alimentari, quindi, si sono adattate alle nuove esigenze della società contemporanea, proponendo alternative alimentari con le stesse caratteristiche qualitative e nutrizionali dei classici ortofrutticoli.

In questo modo è garantita la possibilità al consumatore di condurre una vita sana, attraverso un’alimentazione corretta. Tuttavia, il risparmio di tempo e la facilità dell’uso richiedono indubbiamente dei costi maggiori che non dipendono più esclusivamente dalla quantità del prodotto bensì anche dalla qualità che deve essere garantita (aspetto esteriore, tessitura del prodotto, aroma, valore nutrizionale e sicurezza).

A tal riguardo, si fa presente che i prodotti in busta (o vaschetta) devono garantire l’assenza di qualunque contaminante tossico dannoso per il consumatore. Pertanto, devono essere riportate in etichetta tutte le informazioni relative alla composizione del prodotto, alla denominazione dell’alimento, oltre al produttore, alle istruzioni per l’uso, alle modalità di conservazione e alla shelf-life. In generale, prima di consumare il prodotto sarebbe comunque buona norma lavarlo con acqua e bicarbonato anche se specificato in etichetta “prodotto pronto al consumo o lavato” e di consumare il prodotto nell’arco di 1-2 giorni dall’apertura per inibire l’azione di microrganismi aerobi e fenomeni quali il cambiamento di colore o l’imbrunimento.

Indispensabile per la produzione della IV gamma, accanto all’impiego di materie prime di qualità in termini di aspetto e integrità, è l’attenzione e l’igiene durante la lavorazione, nonché l’impiego di imballaggi a permeabilità selettiva per i gas e il mantenimento della catena del freddo che deve essere garantita lungo tutta la filiera, compreso il trasporto dai banchi frigo del supermercato alla tavola del consumatore.

Ma come vengono prodotti e lavorati questi alimenti?

I prodotti di IV gamma, dopo la raccolta e la selezione, sono sottoposti a processi tecnologici o manipolazione di minima entità quali la mondatura delle parti non utilizzabili, il taglio, il lavaggio che può avvenire attraverso l’utilizzo di un nastro trasportatore che spruzza acqua oppure attraverso modelli a cascata con due rulli che immergono il prodotto nell’acqua, l’asciugatura mediante centrifuga (la cui velocità è modificata sulla base della tipologia del prodotto), il confezionamento in buste o vaschette con eventuale utilizzo di atmosfera modificata, e infine la vendita in banco refrigerato.

Le fasi di lavorazione del prodotto devono avvenire ad una temperatura pari a circa 15°C, al contrario, temperature troppo elevate favorirebbero il metabolismo, la respirazione e, quindi, l’invecchiamento del prodotto.

Antonella Campanile
Master in “Sicurezza, certificazione e comunicazione alimentare” 8^ ed 
 
Luana Costantini

Master in “Alimentazione e nutrizione umana” 19^ ed  

Succhi di frutta. Alternativa alla frutta?

Chi non ha mai bevuto un succo di frutta da bambino? Poiché viene considerata una valida alternativa alla frutta, viene consumato s...